Informazioni personali

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Ufficialmente sono un'impiegata commerciale e tento di vendere qualcosa all'estero in un orario part-time che di part-time ha solo il nome. Nell'altra parte del "time", quella immaginaria, sono una casalinga disperata. Vivo da sei anni nella Gcasa con un megalomane egocentrico spesso in preda a deliri di onnipotenza che qui chiamo amorevolemente Ego e recentemente pare sia diventato mio marito, una Ggatta convinta di essere la padrona di casa e un Ggatto suo sottoposto. Sono sociofobica, germofobica e un altro paio di cose che finiscono con "obica". Sono silenziosa, amo le parole ma uso scriverle piuttosto che buttarle al vento. Dico sempre esattamente quello che penso ma solo se interpellata - quando apro bocca o ho fame o sono incazzata. Maniaca dell'ordine, del pulito e in generale della perfezione ma non a casa mia. Sono una tormentata, per motivi non ancora chiari, ma non ho tempo per disperarmene perchè ho da correre alla ricerca della perfezione di cui sopra. Per i pregi purtroppo non c'è più spazio. Ballerina mancata, nella prossima vita vorrei fare l'ereditiera depressa, scrittrice nel tempo libero. Sogni nel cassetto: pubblicare un libro e girare il mondo.

giovedì 14 aprile 2016

E' brutto

non poterne parlare con nessuno.
Ho imparato lo scambio, la solidarietà, raccontarsi e non avere niente indietro se non un abbraccio su facetime, un beviamo un altra birra, un ti voglio bene.
Ci ho messo tanto ed è stata dura accettare ed ammettere che effettivamente si, a condividere ci si sente un pochino meglio.
Di questo non posso parlarne con le amiche, o meglio posso farlo ma non senza sentirmi rispondere cose logiche che mi costringono a sbattere la testa sull'illogicità della situazione, che è l'ultima cosa di cui ho bisogno.
Anche scriverne qui mi dispiace, mi spiace rovinarmi la reputazione o avere paura ad aprire i commenti... commenti che farei anche io, così come quello che mi dicono le amiche sarebbe esattamente quello che io direi loro, ma viverlo da attrice protagonista è tutta un'altra storia.
Non ho bisogno che qualcuno mi dica che la decisione l'ho presa io, che nessuno mi sta obbligando a rimanere sulla mia strada, che lui è stato lì anche troppo tempo, queste cose le so da sola. Ho bisogno di qualcuno che stia a sentirmi raccontare di come quella sera lui mi ha spostato tenendomi dai fianchi per far passare il tizio dietro e io ho guardato il nostro riflesso nello specchio e ho pensato che lì il mondo poteva morire, poteva finire, che non avevo bisogno di altro. che mi ascolti mentre lo racconto e mi bevo le lacrime che mi colano giù per le guance e lo ascolti come se fosse qualcosa di interessante e appassionante, e poi ne convengaa con me su quanto la mia vita faccia schifo, sia una bastarda, un infame. quanto lui sia un coglione e la sua ex una puttana che poteva lasciarlo prima e farmelo trovare un po' più sano, quanto io sia fatta male e non abbia un briciolo di coraggio, quanto sia ingiusto che lui sia arrivato dove non c'era spazio e che io non glie ne abbia saputo fare. Ho bisogno di qualcuno che mi mandi a letto a quest'ora, che mi cancelli il suo numero, che mi canti una canzone ogni volta che durante una giornata con ritmi da ictus mi fermo per sbaglio, al semaforo, in coda al supermercato, sul cesso, e la testa corre e corre sempre lì.
Forse avrei bisogno di un uomo, un amico uomo, che mi dica che devo tirare fuori i coglioni, mi dica da uomo quanto sono stata puttana ad infilare le dita in una ferita aperta, dargli un po' di luce e scappar via lasciando un buco peggio di quello che avevo trovato. che mi spieghi con le parole che userebbe lui che all'universo non frega un cazzo di quanto stia male io perchè sono io la troia e non lui, sono io che ho fatto tutto e non lui.
Quello che volevo scrivere quando mi sono alzata dal letto spostando il braccio addormentato di Ego e ho acceso il pc, è che non sappiamo quello che ci manca finchè non arriva. Me ne viaggiavo con questa perenne sensazione di insoddisfazione dietro la bocca dello stomaco ma non sapevo dargli un nome, non me lo chiedevo neanche perchè in realtà non era una consapevolezza. mi mancava qualcosa, ma non lo sapevo. Poi, quando dopo dodici ore ininterrotte di conversazione gli ho chiesto ma perchè tu perdi tempo a parlare con me lui mi ha risposto perchè non ho un cazzo di meglio da fare, ho capito, ho capito che mi mancava qualcosa e che quel qualcosa era lui. Lui, che prima era stato Ego, qualcosa. un'anima compatibile, un incastro, una calamita da cui farsi attrarre senza remore perchè lì ti si capisce, ti si apprezza, ti si vuole così come sei. E' la sensazione di un attimo non è la realtà.
Presto sarebbe venuto fuori che io parlo coreano e lui russo e capirsi è un'impresa, che io senza le parole non so stare e lui proprio non le sa dire, che io credo che lui così nella vita non farà altro che girarsi in tondo e crogiolarsi nei suoi fallimenti, che lui ritiene che io non sarò mai felice perchè non scelgo mai e mi faccio guidare dagli eventi. Ma c'è quell'attimo in cui tutto combacia così bene che non ti manca più niente, e quella sensazione può durare degli anni a riempirti quel vuoto dietro la bocca dello stomaco. Lo so, me lo ricordo. quando ferma al semaforo non pensavo a niente, assolutamente niente, mi guardavo intorno, canticchiavo quello che passava alla radio, nessun vuoto, un grande sereno e pacifico pieno. Mi chiedo se tornerà mai. 

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