Informazioni personali

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Ufficialmente sono un'impiegata commerciale e tento di vendere qualcosa all'estero in un orario part-time che di part-time ha solo il nome. Nell'altra parte del "time", quella immaginaria, sono una casalinga disperata. Vivo da sei anni nella Gcasa con un megalomane egocentrico spesso in preda a deliri di onnipotenza che qui chiamo amorevolemente Ego e recentemente pare sia diventato mio marito, una Ggatta convinta di essere la padrona di casa e un Ggatto suo sottoposto. Sono sociofobica, germofobica e un altro paio di cose che finiscono con "obica". Sono silenziosa, amo le parole ma uso scriverle piuttosto che buttarle al vento. Dico sempre esattamente quello che penso ma solo se interpellata - quando apro bocca o ho fame o sono incazzata. Maniaca dell'ordine, del pulito e in generale della perfezione ma non a casa mia. Sono una tormentata, per motivi non ancora chiari, ma non ho tempo per disperarmene perchè ho da correre alla ricerca della perfezione di cui sopra. Per i pregi purtroppo non c'è più spazio. Ballerina mancata, nella prossima vita vorrei fare l'ereditiera depressa, scrittrice nel tempo libero. Sogni nel cassetto: pubblicare un libro e girare il mondo.

giovedì 21 settembre 2017

Giorni bui come non se ne vedevano da un po'.

In realtà il giorno di merda è stato ieri, oggi dovrebbe essere anonimo, che sia benedetto, ma se ieri alle ventidue ero sull'orlo di una crisi di nervi, oggi ne assaporo l'amaro e non so cosa sia peggio.
Tra le piccole sfighe di ieri c'è quella di non aver trovato posto dal mio parrucchiere per domani, il che mi ha sputtanato tutti i programmi che avevo. Non ho chiamato prima perché ho aspettato che la S. si degnasse di dirmi se saremo andate assieme o meno, e alla fine sono rimasta inchiappettata io come ogni volta da quando il suo utero è stato abitato. Mi farò mai furba a riguardo? 
Così domattina devo andare in banca con mia madre e a svolgere un paio di compiti similari veloci dopodiché non so come sfruttare il pomeriggio libero e sprecarlo mi dispiacerebbe assai. Probabilmente andrò da Ego che mi ha chiesto più volte di vedere il nuovo ufficio e mi ha pure invitato a pranzo, cosa mai successa in due anni che lavora in proprio. 
Poi un opzione sarebbe stata vedere l'amica C. che sto evitando di andare a comprare il pane da lei per la vergogna da quante volte l'ho rimbalzata promettendole di farmi sentire per un venerdì pomeriggio... è che non ho tanta voglia di andarmene per negozi al momento sapendo che andrò a breve in centro a Torino per i capelli e lì un po' di shopping ci scapperà sicuramente. 
L'altra opzione sarebbe quella di mettermi a lavorare su un po' di foto - devo ancora elaborare quelle del viaggio a Venezia, di pasqua! - ma era una cosa che volevo tenermi per ottobre quando i capi saranno quasi tutto il mese negli usa e so già che mi straccerò i maroni tutto il giorno tutti i giorni e mi porterò in ufficio la memoria esterna. 
La terza opzione, la più saggia, è quella di fare un po' di pulizie... qualcosa tipo il bagno a fondo, o i vetri, considerando pure che venerdì prossimo, di grazia, dovrei non esserci.
Se continuo così non farò un tubo. 
Stasera Ego ha allenamento e io stirerò, che lo potrei anche fare domani ma mi scazza passarmi il venerdì pomeriggio a stirare, mi pare di sprecare il tempo, e poi per far cosa stasera? 
E' di nuovo uno di quei periodi in cui tutto deve avere un senso altrimenti non lo riesco a fare. 
Una serata sul divano da sola non sarebbe inaccettabile.
Le mie serie tv le guardo ma solo mentre stiro altrimenti lo considererei tempo buttato.
Di leggere e scrivere non se ne parla a meno che non sia in ufficio che tanto ci devo stare tot ore a forza.
Lo yoga lo faccio pochissimo e pensando a cosa devo far dopo, solo se ho finito di fare quello che mi ero programmata e aspetto Ego per cenare. Su questo so di dovermi impegnare, è troppo importante per il mio sistema limbico (...).
Passerà, son momenti, di me non mi preoccupo più, so di essere innocua a me stessa.
 

mercoledì 20 settembre 2017

Ieri sono stata dal notaio.

Da individui con una visione normale della realtà il viaggio per arrivare a quella che sarà la nostra casa sarebbe visto come un grande puzzle a cui aggiungere pezzettini fino ad ad avere il disegno completo. Non è che i pezzi del puzzle si trovino già disposti in ordine di inserimento, ca va sans dire, ma piano piano si trova l'incastro perfetto ed ecco il disegno prendere forma.
Io invece, che normale non sono, vedo un grande groviglio di fili colorati da cui dover sciogliere ogni volta un nodo per poter tirare un filo e ancora non mi è chiaro cosa vedrò alla fine, forse miro a tanti fili di colori diversi ben disposti al loro posto, forse a un gomitolo ordinato seppur di diverse sfumature.
Ecco, ieri mi pare di aver sciolto un nodino scoprendo come fare a sciogliere quello grande che tiene il filo di questo colore unito tutti gli altri.
Un piccolissimo passo insomma, che è l'alternativa allo stare fermi e lagnarsi.
Quando in quaranta minuti sciolgo un nodino mi pervade una sensazione di trionfo che neanche il giorno in cui ho firmato per chiudere tutti i casini con i parenti, che neanche il giorno dopo il matrimonio, che neanche tutte le volte che ho visto mio padre uscire dalla sala operatoria vivo.
Ma quando il nodino risulta troppo stretto e la sua risoluzione non viene esclusa ma semplicemente rinviata è tutta un'altra storia. 
Inizio a chiedermi se ha senso, ancora, se ho voglia, ancora, se quando sarò nella mia casa mi dirò che ne è valsa la pena.
E' difficile accettare di dover lottare come un mulo per cose che la maggior parte delle persone fanno con un semplicità estrema e senza sforzo alcuno.
Quest'anno, combinazione, la maggior parte dei nostri amici sta comprando casa. 
Nessuno di questi ha dovuto nemmeno domandarsi se poteva usufruire delle agevolazioni sulla prima casa, tutti hanno avuto i genitori almeno di uno o dell'altro o in alcuni casi di entrambi che hanno contribuito in maniera più o meno importante all'anticipo permettendo loro di avere un mutuo vivibile e/o corto, che gli hanno fatto da garanti in banca, che gli hanno regalato la camera da letto, i materassi, il bonsai di buon auspicio da mettere in ingresso.
La Pollyanna che c'è in me sempre pronta a vittimizzarsi esce fuori in tutto il suo splendore, si perde a sognare a passeggiate per il campo con mio padre a controllare le transenne con su scritti i nostri cognomi, i suoi commenti, la sua felicità che c'era sempre qualsiasi cazzata io facessi, il suo appoggio anche quando non era d'accordo.
Io e Ego la casa la viviamo tanto, sopratutto da quando ci sono i mici e sopratutto d'inverno. D'inverno io sono capace di non uscirne dalle diciotto del giovedì pomeriggio al lunedì mattina e solo perché alle nove devo essere in ufficio. La casa per me è la chiesa, è il mio posto sicuro dove posso decidere chi e cosa far entrare, pronto ad accogliermi sempre in qualsiasi condizione.
Ora i miei 36 mq sono questo, a volte rimango ancora imbambolata a guardarmi intorno e pensare cos'era, alla faccia schifata di mia madre ai tempi nell'affermare che si trattava di "due stanze", e vedere quanta vita, quanto calore, quanta roba si porta dietro negli anni... il bene, il male, la vita.
Mi chiedo, la casa nuova saprà essere questo? potrà competere? mi sentirò a casa?
O tutti questi sforzi mi daranno una casa grande e anonima dove mi sentirò esposta, sola?
Naturalmente l'omino del cervello mi fa notare che nessuno mi obbliga a farlo, che sono anni che mi lagno del poco spazio e ora che finalmente si sta concretizzando non sono mai contenta.
E' che sono stanca di fare fatica, di dover sudare sempre per ogni cosa, e sento che non è finita qui, che sarà sempre un po così, che faticherò ancora e ancora, un po' per tutto. 
C'è chi nasce e cresce con una strada diritta da percorrere, c'è chi dovrà affrontare sempre e per sempre sentieri impervi intervallati da brevi pianure.
Chissà se alla fine, almeno, ci sarà un premio. 

giovedì 14 settembre 2017

L'argomento del mese - che dire "dei mesi" mi fa vergogna - è il prezzo della dignità.

Qui al lavoro è cambiato qualcosa quest'estate, è avvenuto il giro di boa tanto sperato da tutti (?).
Io non ci ho creduto finché le penne non hanno firmato, ed è successo davvero.
Come per magia è arrivato un partner florido e ben strutturato che con un bel bonifico ci ha risollevato da buona parte dei debiti e con un bel contratto ci ha garantito - potrebbe garantire - qualche altro decennio di vita alla baracca.
Pura fantascienza, cose che succedono solo nei telefilm, oppure solo a chi ci crede?
Un colpo basso per me che credo nella meritocrazia e pensavo che loro fossero stati già troppo fortunati in passato, troppo infami sempre, troppo poco riconoscenti, per meritare l'ennesimo colpo di culo. Odiavo più loro di quanto amavo il mio stipendio, il mio desiderio di vederli in basso era più forte di quello di avere gli introiti che mi spettano di diritto... e dopo dodici lunghi anni di piccole ingiurie lo ritenevo anche fisiologico tanto da non domandarmi se fosse normale.
Ho dovuto scontrarmi con il fatto che normale lo era solo per me.
I colleghi, che pensavo fossero mossi dai miei stessi sentimenti seppur ognuno con le proprie manifestazioni dettate dal proprio carattere, hanno come schiacciato il tasto di reset e sono ripartiti.
Ripartiti con i sorrisi, signore e signora, vuole un caffè, con le manifestazioni di impegno, con l'uso smodato della parola team e della seconda persona plurale.
Gli ignavi.
Dimenticati, di quando da un giorno all'altro ci hanno tolto tutti bonus riducendo gente a prendere la metà esatta dello stipendio senza avvertirci, guardandoci in faccia tutti i giorni. dei mesi e mesi passati senza stipendio e senza alcuna notizia a riguardo, della risposta se non ti va bene lì c'è la porta a chi si avventurava con umiltà a domandare se per caso per cortesia per favore si avesse anche solo un idea di quando.
Puff, tutto sparito da quando lei, piena di boria, ci ha sbattuto le cinque buste paga sotto il naso con due dita come fossero sporche e ci ha detto ho fatto i bonifici, e basta, ed è finita, e quello che lei voleva dire con quel gesto era che da quel momento in poi non avevamo più nulla di cui lamentarci e i nostri bronci dovevano trasformarsi in lunghe lingue pronte a leccare.
E i miei colleghi lo hanno fatto davvero.
Questo mi ha dato un bel pensare durante le ferie ma non è questo il punto.
Rientrata, la pellicola dell'assurdo ha toccato l'apice: i colleghi leccapiedi che guardavano al mio atteggiamento come si guarda la cimice che passeggia sui nostri panni freschi di bucato e i titolari tutti intenti a farmi notare che ero l'unica a non suonare le trombette per il momento di grande rinascita.
Mi hanno mandato in ferie una settimana prima, chiedendomi di compilare il foglio ferie come se le avessi richieste io ma senza darmi possibilità di scelta, mi hanno tolto il telefono aziendale, hanno fatto fermare la collega E. al mio posto la sera delle grandi firme dicendomi che erano certi io avessi cose molto più importanti da fare, più le solite parole al vento ben disposte in modo che arrivassero al mio orecchio se non le piace stare qui ha solo da non venirci più, se sta male c'è la mutua, lei non ha bisogno di lavorare perché è ricca di famiglia e viene qui solo a passare il tempo, e tanto altro.
Queste le loro punizioni.
L'armatura costruita negli anni è ben salda, ricordo ancora quando in periodi così tornavo a casa piena di dolori muscolari, alle braccia, alle spalle, come se avessi fatto attività fisica... riuscivano a pesarmi addosso in senso letterale, poi ho lavorato su me stessa, sono cresciuta e ho imparato a scegliere a quali cose permettere di spostarmi l'anima e a quali no. 
Lunedì sera, primo giorno della terza settimana di lavoro dopo le ferie, mi sono fermata un'ora e mezza con lui nel suo ufficio e c'è stato uno di quei momenti che io e la excollegaM. chiamavamo momento piovra. Lui sta lì dall'altra parte della scrivania e con i suoi tentacoli prova ad avvolgerti tutto quello che trova... un pacchetto completo che comprende quello che dici e quello che non osi dire, quello che ti azzardi a dire, i piccoli dolori che ti hanno portato lì, le bugie che hai detto, quelle che ha detto lui e tu conosci, le paure, i sensi di colpa, e tutto quello trova. 
Dai momenti piovra si esce distrutti i primi anni, poi si impara a difendersi e infine addirittura a sfruttarli a proprio favore. Lunedì il momento piovra l'ho indotto io e mi sono assicurata che sapesse cosa penso, o meglio cosa voglio che lui creda che io pensi, lui ha fatto altrettanto, e va bene così.
La settimana in più di ferie mi ha fatto comodo, il telefono aziendale è una rottura di palle in meno, eccetera.
In questi ultimi due mesi mi sono ripetuta tutti i giorni che la mia dignità vale più del mio stipendio e su questo non ho attualmente alcun dubbio. Se non si parla di stipendio però, se si parla di chiacchere futili che scaldano l'animo e ti fanno passare qualche minuto di sei ore che a volte sembrano non passare mai, se si tratta di non prendere il caffè da sola, se si tratta di una risata complice, di un commento divertente di tanto in tanto... come la mettiamo?
Non piegare il capo, non indossare una maschera di rispetto e servilismo in cambio di un po' di benessere nel luogo dove passo gran parte della mia giornata è davvero la scelta più furba? 
Questo rigore morale, questa coerenza a me stessa, in che modo mi verrà ripagato?
Non è che sono proprio gli ignavi alla fine quelli più furbi? 
Dignità si, ma a che prezzo? 

mercoledì 6 settembre 2017

Nel weekend appena trascorso c'è stata la festa del paese

a cui io e Ego prendiamo parte solo da tre anni - prima snobbavamo tutto e tutti stupidamente - e per il terzo anno consecutivo la festa lascia strascichi non da poco sul mio debole corpo.
Negli anni precedenti si è trattato di stomaco e ossa distrutti dal troppo alcool, questa volta invece, in tema con il mood cagionevole del duemiladiciassette, mi sono presa un classicissimo colpo di freddo - anche detto accidenti - per l'escursione termica dai 30g delle due del pomeriggio ai 9 che si sono toccati qui sabato notte verso le due - quando io con i piedini di fuori nei sandali, una canotta e un giubbino inutile tremavo al bordo della pista degli autoscontri dove Ego e gli altri tutti alticci continuavano a girare incuranti di me.
Questa è sicuramente la realtà, a me invece piace pensare che il mio sistema limbico abbia risentito del drastico cambiamento dal mood vacanziero a quello delle corse tra casa e ufficio e del salto climatico dal caldo naturale al fresco fuori + aria condizionata dell'ufficio - che il freddo a me fa irrigidire le spalle e sto tesa come una corda di violino - e il mio corpo si sia così sfogato.
Si perché tra le altre cose quest'anno sono anche diventata una guru di minchiate di questo calibro, ho imparato la parola sistema limbico e la ripropongo ogni qualvolta ci sia occasione.
Un po' è colpa dell'ultima amicizia acquisita ai corsi di fotografia - toccherà trovarle un soprannome - lei è tutta una medicina olistica, tisane, prodotti bio, vegan, pilates, zenzero e compagnia bella.
Un po' è la strizza che ho di ricadere nel tunnel della depressione con l'arrivo dell'inverno che mi ha fatto avvicinare alla yoga, alla meditazione, alle musiche di Enya, a Decatlhon che mi serve un tappetino, e in generale a documentarmi su come e quanto davvero abbiamo controllo sul nostro corpo.
Il primo tentativo di eliminare l'antidepressivo è stato fallimentare, intorno a pasqua, dopo un mese ho ricominciato la terapia, ma l'evento scatenante c'era stato. Poi ho iniziato a prenderlo in odio e tuttora sono convinta che mi abbia causato tutta una serie di problemi fisici, alcuni confermati dal mio medico tipo il valore della prolattina alle stelle, così durante le vacanze ho iniziato la remissione e sono rientrata pulita determinata a rimanere tale.
Ciao sono Micol e non mi drogo da venti giorni e piuttosto che rimettere un inibitore della ricaptazione della serotonina nel mio corpo morirò nella mia casa in pigiama tezenis color salvia, vestaglia pelosa con le orecchie sul cappuccio, mentre faccio yoga su un tappetino di decatlhon con Blu Carribean che esce dalle casse del pc e una tisana alla cannella per rilassare il sistema limbico tra le mani.
I miei gatti si ciberanno di me e quindi la mia morte non sarà stata vana perché gli avrò garantito sostentamento nel mentre che Ego si accorgerà che taccio da un tot, cosa che dato il suo egoriferimento potrebbe richiedere qualche giorno.
Ho paura, senza vergogna, di quando alle 16.50 calerà il buio, il fiato si vedrà denso nell'aria, e quel nero fuori io lo sentirò dentro, ma sono determinata a non far si che una stagione dell'anno la vinca su me stessa.
Comunque, indipendentemente dalla motivazione, ho male all'orecchio sinistro sopratutto appena sveglia, che scende alla mandibola e leggermente nella gola, e da ieri pomeriggio anche un po di raffreddore. nonostante questo oggi prenderò il nipote Il Grande e lo porterò a fare un po di commissioni di cui la più importante è comprarsi il regalo di compleanno, poi ci mangeremo qualcosa insieme e lo riconsegnerò alla genitrice in un orario spero non troppo maturo per godermi ancora qualche ora sul divano con Ego. 
 

Poco meno di un anno dall'ultimo post.

Era già successo una volta, un anno anche lì. Il bello di quando non ti paga nessuno.
In questo anno ho alternato mesi di scrittura violenta e mesi di astinenza assoluta ma il blog non mi è mai mancato fino ad oggi. Da un attimo in poi, che non saprei identificare con precisione, stare qui ha iniziato a farmi male. In questo posto è concentrata tutta, proprio tutta, la mia parte di vita dolorosa, quella che mi ha cambiato da dietro, la prima veramente da adulta. 
Per questo ci sono affezionata, ma sempre per questo una parte di me pensa che sia sbagliato tornare a scrivere qui come se si significasse accettare di essere ancora qui dentro, di non essere andata avanti, di continuare la mia vita incastrata negli stessi nodi.
Che sia così o meno, comportarsi come se non lo fosse sarebbe già una gran cosa.
Perché poi, ci divincoliamo mai davvero da tutti i nodi? Ce ne liberiamo sul serio?
Non ho voglia di aprire un nuovo blog adesso. Di ricominciare, inventare un nuovo titolo, una nuova testata, nuovi colori.
Cosa ho fatto tra ottobre duemilasedici e settembre duemiladiciassette.
Ho dormito tantissimo, lo scorso inverno, quei sonni ubriachi sotto al piumone con troppi strati di vestiti addosso, ho provato le brezza del mal di vivere vero, quello che molto serenamente ti fa pensare che la vita sia meglio vissuta in un letto nel caldo della tua casa con i mici vicini e il silenzio, perché i problemi mentre dormi non hanno presa su di te. 
E nonostante me i problemi si sono risolti lo stesso, perché semplicemente era ora, era l'anno, era tempo. 
Naturalmente ne sono arrivati anche altri, per esempio ho iniziato a vedere il mio ginecologo più spesso della mia migliore amica, mia madre in un estremo tentativo di attirare l'attenzione ci ha quasi lasciato le piume dando un colpo di frusta al nostro rapporto.
Ho iniziato a vedermi per quello che sono, una macchina non più km zero che ha bisogno di manutenzione, cura, attenzione, perché non è così perfetta e la meccanica della paura se ne frega.
C'è stato l'ennesimo giro di boa, e questo mi ha davvero colto di sprovvista perché pensavo che dopo una certa età non succedesse più. I suoceri e la famiglia di Ego tutta non sono così meravigliosamente perfetti come li ho idealizzati negli ultimi anni, le colleghe non sono delle amiche e le amiche sono esseri umani che spinti al limite cadono, esattamente come me. La mia famiglia fa sempre schifo, anche se c'è la nuova cugina che ancora non riesco a sentire tale, anche se mia nipote ormai ha una taglia più di me ed è ufficialmente un adolescente. 
Io e Ego facciamo sempre schifo ma nel nostro schifo abbiamo imparato a tenerci ben stretti e ad aiutarci a vicenda, senza evolverci mai troppo, senza trovare mai quel pezzo che manca quasi ci divertisse così.
Ho mandato curriculum come una matta per qualche mese, per qualsiasi tipo di impiego, poi ho cancellato tutto, tutte le iscrizioni a tutti i siti trovati, tutte le candidature on-line inviate e persino il curriculum stesso. Mi sono detta che se me ne vado da qui, se lascio questo posto, il posto che occupa il mio culo intendo, dove ho sudato e lacrimato e sputato sangue perché il mio culo nonostante i suoi fisiologici cambiamenti nella dozzina di anni continui a starci, sarà per provare a fare altro, ad essere altro e non per andare a sudare e lacrimare e sputare al cospetto di qualcun altro. 
I Ggatti stanno alla grande e sono la mia gioia quotidiana, tante volte addirittura il motivo del quotidiano.
Una cosa che mi sarebbe piaciuta tanto scrivere oggi è che il mio libro c'è, che fosse lì non dico pronto ma almeno finito. 
C'è l'inizio, c'è la fine, c'è il suo disegno ma non è pieno e chissà se mai lo sarà.
Mi sarebbe anche piaciuto raccontare di una casa che prende forma, ma la realtà è che si sono fatte tante parole ma niente è ancora stato firmato perché fondamentalmente io e Ego stiamo bene da poco e il mutuo ci fa una paura fottuta.
Più o meno in un anno è successo questo.